GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Angelo Salvatori
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Senza titolo” di Angelo Salvatori
Il dinamismo pittorico del Salvatori supera le forme oggettuali, per il protagonismo del movimento stesso. La forma è mera apparenza fenomenica e la verità umana si coglie tutta lungo l’inarrestabile divenire metamorfico dei passaggi formali: verità è quell’equilibrio instabile, che l’occhio cattura fra la luce dell’emersione e l’ombra della latenza vanificante, nella sinestesia degli echi vibranti delle frequenze
dello spettro cromatico, accese dal sentimento delle sequenze correnti di una vita, tanto fuggevole quanto preziosa.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Tranve” di Angelo Salvatori
L’essenza in sinestesia del romanesco fumoso tramvai, scoppiettante e sferragliante, cattura il movimento pittorico del Salvatori: cuore mobile della vecchia capitale, che appende al filo i pensieri distratti e sospesi che mescono i suoni, i colori, gli impatti e gli odori degli incontri, a popolare un’unica e affollata identità d’appartenenza. Non c’è tempo per la riflessione che ferma al vetro definizioni e discernimenti: è l’elezione viandante del divenire il segreto del senso dell’essere.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “L'energia del suono” di Angelo Salvatori
La dinamogenesi del Salvatori è il movimento della sinestesia che solleva dalla staticità delle coordinate spaziotemporali, per l’intensità di un vissuto estatico inconscio e intersensoriale. Questo eden perduto di vibrazionalità è ridestato in presenza dal grembo sonoro del colore, quale ricetto di onde elettromagnetiche, quale volontà panica e sanguigna erubescente di avviluppo, in sincronia, in sintonia, in sinfonia di vissuti emotivi.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Festa sul lago” di Angelo Salvatori
Degli stands festanti sulla riva, per il Salvatori il rituale si apre tutto nello spazio franco della rêverie di riflessione di luci ed ombre sul lago. È lì, nel luogo transizionale fra sé e non sé, che si perde il principio individuationis della stasi della forma cosciente per il movimento libero dell’emozione, che riconduce all’esperienza precategoriale e ineffabile di verità, ove i cigni sono simbolici messi spirituali del divino oltre la materia.