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Filippo D'Attardi

L'imperfetta ragione

Se distratto oltrepasso il confine

all'imperfetta ragione, tu allora

risorgi. Sei l'inganno del giorno,

la disonesta lusinga, la ricordanza

e l'affetto. Ho traversato una piazza

e creduto voltarmi perché non fossi

soltanto un odore, lo stesso che indossi

ogni volta che torno a posarti

i pensieri alle mani nel sonno

- se ho bisogno - la sera.  Ho seduto

di spalle sperando nascondere tutto,

ma tu levi allo specchio la memoria

all'intreccio d'uno sguardo non tuo che però

ti ricorda. Ecco, vedi, anche adesso

ti parlo di sotto al rumore alla pioggia

che copre quel pianto di quando felice

dicesti: non sono forse ogni cosa?

Critica in semiotica estetica della Poesia “L’imperfetta ragione” di Filippo D’Attardi

 

Spira il verso sinuoso, melodico e leggiadro del D’Attardi, solleva e trasporta l’imperfezione dell’umano pensiero oltre i suoi confini, ragione eternamente dislocata e sospinta dall’anelito dei sensi alla rêverie sognante della libera finzione immaginativa, fra inconscio e coscienza, a tentare invano la perfezione della sintesi. Il chiasmo di uno sguardo qualunque restituisce, per un istante in sinestesia, gli occhi amati e perduti e tutto il mondo al poeta è significante invocazione e impietoso differimento del movimento del desiderio all’oggetto d’amore, senso primo a cui tutto tende, a cui tutto versa senza posa e infinito essere

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