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Liliana Paisa

Surreale

Guardo la bellezza dritto negli occhi e mi immagino

parte della sua delicata pelle.

Bellezza di ciò che tocca noi quando l’animo non è a casa.

Va lontano, evaso nelle terre da scoprire

dove il sale delle onde copre i sensi rimasti nella gabbia di vetro.

Brucia il tramonto nei granelli di sabbia, nei colori degli occhi

e nelle costellazioni ancora non nate.

Guardo la bellezza, lei libera l’anima,

questa traccia sabbiosa sulla luna,

sulle stelle e corpi che non hanno conosciuto ancora il tempo.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Surreale” di Liliana Paisa

 

La parola profonda, sensoriale e archetipica della Paisa scandaglia l’abisso originario della vita nella continuità dell’uomo al mondo. La sua emersione alla luce dona preziosi salini e sabbiosi frammenti d’immemore ed eterna bellezza cosmica: sono sinestesie d’istanti della carezza ad un grembo unico, che supporta ogni divenire di forma.

Come i fili d’erba

Siamo come i fili di erba

nella gravità della rimanenza,

sotto e sopra una scarpa gigante

che cerca i suoi lacci smarriti.

I salti hanno il nome del cammino

e le distanze la stessa madre.

Noi, fili di erba rimaniamo legati

ad un paio di lacci nella ricerca

della loro scarpa.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Come i fili d'erba” di Liliana Paisa

 

La parola profonda e simbolica della Paisa interroga l’impermanenza metaforica dell’uomo.

Il corpo è fratto, si misura della sua costitutiva distanza, sempre in figura, segno della sua stessa provenienza e anticipazione del suo ritorno. Ogni identità è un accadere transitante in forma di segno, rinviante all’oggetto, in figura del significato: un divenire dell’essere in esilio nella parola, stanza che differisce e distanzia, e nella stessa parola desiderio del ritorno alla casa dell’origine.

Il bucato

La signora del primo piano stendeva i panni

e la solitudine.

C’era tanto vento nel suo tacere.

Lei badava all’ombra appesa ai fili.

La signora del primo piano raccoglieva

i suoi panni asciutti insieme ai sogni.

Chiudeva la porta sui pensieri

e sapeva che doveva rifare il bucato.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Il bucato” di Liliana Paisa

 

La parola semplice e profonda della Paisa racconta di un’etica ciclicità del sapere e in un rituale simbolico quotidiano disvela la meraviglia di un equilibrio di compresenza degli opposti. Fra l’umano tendere alla coscienza e il movimento che l’inconscio disattende è lo stendere del presente disteso, che si lascia alla rêverie silenziosa, sola, immaginante, in una spirante presente lontananza, lungo un filo d’Arianna fra acqua sognante e sole desto, fino ad una rinnovata transitoria coscienza, presto a rimondarsi alla verità.

I vecchi

I vecchi profumano di lavanda messa tra i ricordi.

Di vita ricamata sui cuscini con i sogni dentro.

Tengono le carezze lontane dalle tarme

e guardano i mobili sgretolati.

Loro piangono nel sonno come i bambini

e da svegli sorridono al mondo sdentato.

Profumano di sole maturo e mele cotogne.

I vecchi sanno camminare nei cerchi dell’amore

insegnando la dolcezza.

Le lune dormono dentro le loro ossa

e nessuno fa caso.

Sanno che profumano di pioggia

appena caduta

con dentro le gocce di cielo.

Critica in semiotica estetica della Poesia “I vecchi” di Liliana Paisa

 

La sintesi sensoriale profondissima della parola della Paisa restituisce meraviglia, dedizione e gratitudine d’amore al luogo, tanto prezioso quanto obliato, della vecchiaia. La senescenza è custode del senso e del valore della vita, s’innatura al mondo fin scambiando con esso, più delle parole, le qualità essenziali, è latrice di mitezza, del tempo rinascente e della natura tersa del divino.

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