GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Maria Giacoma Vancheri
(Margi Vancheri)
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Rosso e Nero” di Maria Giacoma Vancheri
Le linee di forza essenziali della Vancheri cercano il movimento delle forme. Il rosso è volontà; il nero è negazione: in questa dialettica l’umano si svolge. L’apertura delle clavicole, chiavi del movimento, è il gesto della volontà: volo del desiderio, che inarca l’essere all’esistere della nascita rituale. Polvere lunare ed effimera è l’umano all’artista. Una corda tesa, in equilibrio instabile, appende una sostanza umana fatta di sola agognanza e movimento. Inarrestabilmente si è contrasto e riuscita d’ogni proprio istante, fra la vita e la morte.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Coscienza” di Maria Giacoma Vancheri
Gli huysmansiani paesaggi femminili di gesso lunare della Vancheri “tagliano il basalto del cielo”: è la solidità e il gelo dell’alterità inaccogliente, mancante della risposta di ri-guardo e la figura restituisce
a sé l’inverno sull’inverno ricevuto. È la pietrificazione dell’essere: il complesso dell’io, come insieme delle autorappresentazioni psicoaffettive, gravita inflattivamente intorno al Complesso di Medusa, il flusso del divenire è raggelato entro i confini cordati di forme prigioni della riflessa coscienza. Così l’artista esorta la donna a scoprire la potenza come oltre dell’atto, la possibilità diveniente della forma nel racconto aperto, la volontà che nutre la rappresentazione e che libera la crisalide dalla legge gravitale, alla resurrezione alchemica della farfalla.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Fantasia interiore” di Maria Giacoma Vancheri
Le associazioni libere, fra coscienza e inconscio, della Vancheri rappresentano l’Io e la funzione equilibratrice di regolazione dell’omeòstasi narcisistica, lungo l’asse neumanniano Io-Sé. L’isola solare dell’io cerca il contatto tramontante con la sua origine marina nel Sé, per una comunicazione con il sostrato inconscio e per l’individuazione. L’artista rompe il circolo vizioso dell’autoalienazione e apre il dialogo della Persona con l’Ombra, altrimenti scotomizzata dalle cattive risoluzioni di un nevrotico andare quotidiano, sulle strade dell’abitudine.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Sospensione” di Maria Giacoma Vancheri
La contorsione figurale della Vancheri denuncia la diffusa visione coercitiva, che destruttura la costituzione del nucleo identitario della donna ad una successione di istanti, di frammenti successivi, psicologicamente ed emotivamente estranei fra loro e privi di una continuità nella memoria: è la morte dell’etica dell’azione di una prospettiva schizoparanoide, con giudizio di attribuzione per violenta introiezione ed estroiezione a non essere, sugli assi delle pulsioni. L’indotta impossibilità di essere della donna si supera nell’arte, che offre uno spazio infinito di possibilità di configurazione, un abbraccio primario e un grembo sempre accogliente, per una libera rinascita, per una rifigurazione protagonistica di sé e della propria vita.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Sconfitta” di Maria Giacoma Vancheri
La grafite essenziale della Vancheri evoca i toni abbandonici della resa, che seguono i rituali della memoria inconscia del viaggio dell’eroe nel canale vaginale per la nascita, allorquando arresti al primo archetipico ostacolo, alla sinfisi pubica, che cela la via del prototipico ‘uscire’, ad exemplum di ogni altro ‘riuscire’ vittorioso della vita. E proprio quando la cieca angustia della sconfitta abbatte il vitalistico turgore, che già pietrifica dell’horror vacui al fagocitante regno delle madri, il capo reclino avverte l’aere, che chiama alla catarsi di un respiro, a risollevare il nascituro alla coscienza della vita.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “La femme rompue” di Maria Giacoma Vancheri
Le cinque tele assemblate della Vancheri sono un rispecchiamento della disgregazione della continuità dell’essere, che rimette insieme i pezzi infranti dell’esistere. La donna è rappresentata come “oggetto parziale”, oggetto obbligato a rispondere al piacere, altrimenti oggetto disconosciuto, annientato, costretto in luoghi di rappresentazione neganti l’identità, esiliata ed estraniata invece in una successione di istanti altri e isolati. L’artista invita ad una riflessione e ad una ricomposizione armonica dell’unità integra individuale, letteralmente indivisa, a liberare la donna dallo stato di pietrificazione, che risponde alla visione diretta dell’anguicrinita follia dell’uomo, che non passa per lo stadio dello specchio.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Oltre il bosco” di Maria Giacoma Vancheri
Il prato rosso sacrificale della Vancheri è il sostrato rituale, che reintegra il dolore alla terra nera, allo smembramento del caos originario della materia inconscia, che viene chiamata alla trasmutazione alchemica, dalla morte alla rigenerazione. Tramonta la vecchia coscienza, che solve all’indifferenziazione e alle betulle è l’asse d’elevazione, che letteralmente dalla nerezza del bitume della terra conduce alla purificazione spirituale. La betulla è l’albero dell’albore dell’inizio, della risurrezione della coscienza dal fitto bosco dell’inconscio, che volge all’oro di conoscenza filosofale dell’occhio fogliare, che con sapienza coglie la visione superna di sé e delle cose.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “3D n.2” di Maria Giacoma Vancheri
Di denuncia della condizione sociale della donna, l’espressione sinestesica della Vancheri solleva il vissuto di brevità, di omologazione e di consunzione del corpo femminile, su cui si proietta il piacere dell’uomo che misconosce la sublimazione del desiderio. Allora, le sagome bianche si fanno cera di candela, nella liquefazione modulata delle forme, deprivate della fiamma del proprio pensiero, la cui ardenza soggiace sepolta e inespressa, che attende il valore sottratto, seppure inalienabile, del riconoscimento.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “L'abbraccio” di Maria Giacoma Vancheri
L’abbraccio della Vancheri è dono femminile, è ricetto contenitivo, è ascolto, è introiezione del dolore inconscio per la restituzione dell’elaborazione cosciente, è atto materno di gestazione dell’ombra per nuova albedo di luce. È anche sacrificio di cessione estrema di sé, fino alla perdita della dimensione individuale, per l’accoglienza nella simbiosi dell’indistinzione, nell’athanor dell’amore, a elargire la rinascita.