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Marlène Hue

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Fenêtre sur cour” di Marlène Hue

 

La finestra sul cortile della Hue si rivela in tutta la sua qualità di dimensione franca, transizionale e proiettiva, di luogo non luogo fra sé e non sé: sulla tavola supportante in legno l’artista incolla gli inchiostri delle proiezioni psichiche dell’inconscio. Il busto diviene il contenitore oggettivo e cosciente, a raccogliere i contenuti emotivi della liquidità amorfa e inafferrabile delle identità e delle relazioni umane: è il nucleo intimo costitutivamente ineffabile e inconoscibile all’uomo, che raccoglie unitaria sulle cose la molteplicità dei punti di vista.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Contre charivari” di Marlène Hue

 

La sinestesia epidermica della veste della Hue esprime il dolore nascosto dell’apparenza solare e cosciente, che costringe ad un processo alienante d’identificazione obbligata nella norma sociale. Lo charivari era un antico rito apotropaico rivolto ai defunti, degenerato poi in manifestazioni di violenza e pubblico ludibrio verso ogni forma di differenza, per emarginazione, per esclusione sociale, per cancellazione della singolarità e della libertà personale, poiché ritenuta minante la medesimezza statica e supponente dell’identità collettiva.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Little Ladies” di Marlène Hue

 

La mise en abyme della rappresentazione artistica della Hue simboleggia l’abito nell’abito delle donne, la costrizione del ruolo sociale e della coscienza e la dimensione plurima ed inconscia che soggiace all’apparenza. È la soglia di verità murata dall’abitudine a sembrare e a rispondere all’aspettativa alienante dell’altro, in cui è sempre possibile aprire una breccia per l’oltre di sé.

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