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Massimo Rossi

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Misantropia” di Massimo Rossi

 

Condolente il colore del Rossi, all’ineffabilità di un male inestinguibile, vive al grembo della terra la nigredo della vita e della libertà di essere. Anche l’uroboro del tempo circolare del senso sanguina per l’impossibilità di redenzione del nietzscheano “così fu in così volli che fosse”, a scotomizzare l’ombra di una coscienza, che crudelmente e meramente tenta l’affermazione dell’identità sulla negazione dell’alterità. Non c’è rinascita nel disprezzo del valore umano, se non in un animato movimento di catarsi, che trasfigura la pietra tombale dei caduti, per l’odio insensato dell’uomo, al sale di memoria delle stelle.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Stati d'animo” di Massimo Rossi

 

La dimensione panico cromatica del Rossi esprime il movimento del vivere lungo la dialettica oppositiva dei contrari, alla ricerca di una sintesi unitaria sapienziale ai pollini del senso. Dalla nigredo della dissoluzione all’albedo del riassorgimento, dall’inconscio alla coscienza, dalla ricezione acquea del femminile alla solarità attiva del maschile, fra ekstasis rapita e poiesis creante, tutto scorre per l’eterno ritorno della vita.

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