top of page
Targa Galleria Sito.jpg

presenta
Fabrizio Nicoletti
13 maggio 2023 ore 19,00
Corso della Repubblica,50 Canale Monterano di Roma

Invito Fabrizio Nicoletti.jpg
Pieghevole Cover e IV.jpg
Pieghevole Interno.jpg

La Galleria Accademica presenta Fabrizio Nicoletti.

Degenerazione e innaturazione nel perseico raggio dell’arte.

L’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea, in convenzione formativa con l’Università degli Studi di Roma Tre, accreditata dalla Regione Lazio, iscritta all’albo di Roma Capitale e del Comune di Canale Monterano, presidente fondatrice la prof.ssa Fulvia Minetti, vicepresidente il dott. Renato Rocchi, direttore artistico Antonino Bumbica, inaugura la mostra di Fabrizio Nicoletti con catalogo edito alla Galleria Accademica d’Arte Contemporanea della Città d’Arte Canale Monterano di Roma in Corso della Repubblica n.50 il 13 maggio 2023 alle ore 19.00, aperta al pubblico fino al 27 maggio 2023 ore 10,30-12,30 con ingresso gratuito.

Fabrizio Nicoletti è nato a Tivoli il 13 luglio del 1976, ha conseguito la laurea magistrale in Architettura presso Università degli Studi di Roma La Sapienza, specializzando l’attività di design di esterni e di progettazione giardini.

 

Nel 2016 espone nell’Auditorium Parco della Musica a Roma durante l’evento “Festival del Verde e del Paesaggio” l’istallazione temporanea di urban design denominata “Follow me”. È illustratore grafico del libro “I segreti di luna” di Christian Ferrante, in via di pubblicazione. Partecipa a vari contest e collaborazioni di progettazione, design e grafica. È finalista al concorso della NASA “In-Space Manufacturing” per l’ideazione di un logo, partecipa al Premio Accademico Internazionale di Poesia e Arte Contemporanea Apollo dionisiaco X edizione Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e nel 2023 espone la mostra personale “Degenerazione e innaturazione nel perseico raggio dell’arte” presso la Galleria Accademica d’Arte Contemporanea della città d’Arte Canale Monterano di Roma, con catalogo edito dall’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea e analisi critica in semiotica estetica della prof.ssa Fulvia Minetti.

 

Lavora presso Vigili del Fuoco e al contempo frequenta il Corso di chitarra classica-studio con il Maestro Giulio Disposti per la preparazione finalizzata all’accesso al Biennio Superiore del Conservatorio di chitarra classica. Suona in concerti per chitarra classica all’Auditorium di Tivoli Terme, al Museo Civico, presso l’Università Igino Giordani e la Chiesa Ettore Roesler Franz. Collabora con la rivista online Remusic.it È appassionato di cinema, letteratura, musica, industrial design, scacchi, etologia, viaggi naturali e culturali.

 

La poliedrica grafica digitale e mista, in lapis e digitale, del Nicoletti è espressione multiprospettica di denuncia della degenerazione dello stato identitario dell’essere umano, a monito dell’odierna destrutturazione autoalienante, che scinde il luogo umano dal luogo naturale, quando la condizione primigenia era l’edenica continuità di una coappartenenza essente e inscindibile fra sé e altro, fra sé e ambiente, fra sé e verità. L’uomo contemporaneo subisce l’allontanamento dallo stato armonico originario di sintesi alla natura, all’alterità, all’inconscio e si pone quale tesi di un’antitesi oggettuale, nel grado di una lacerante opposizione fra soggetto e oggetto, che spinge finanche alla rimozione della differenza, per un atto di stolta e disperata affermazione egoica, entro un’isola di apparenza.

 

La perdita dell’equilibrio primario di un continuum essente comporta vissuti e manifestazioni di violenza, di rimozione, d’isolamento, di dipendenza, di morte. Tutta questa degenerazione attende l’accordo della volontà innaturante, che ricomponga nell’unità dell’armonia alla natura i frammenti umani del progresso, alieni, irosi, dolenti e isolati. L’artista accompagna lungo la retta infausta e depauperante del divenire, fin quando non abbracci la curvatura di senso, fin quando non oda la musica armonica del ritorno primario, fin quando non richiuda il tempo a cerchio dell’essere, per la ricostruzione di nuovi valori autentici.

 

L’arte diviene occasione di provocazione etica e d’interrogazione profonda, che scuota l’essere umano dallo stato attuale di organizzazione schizo-paranoide dell’identità, adusa al principio di piacere e al tempo presente, che non si temporalizza se non in una successione di istanti, di io successivi psicologicamente ed emotivamente estranei fra loro, privi della continuità della memoria e dell’etica dell’azione: non c’è continuità, non c’è progetto, non c’è desiderio; regna invece il piacere immediato dell’istante e la sua pronta soddisfazione, in una lotta di autoaffermazione per annientamento dell’alterità. Eppure, il contenuto sostanziale dell’identità è l’alterità e chi rimuove o distrugge l’alterità non può che ledere se stesso.

 

La degenerazione dell’oggettivismo naturalistico incentra l’identità individuale sulla nevrotica medesimezza di una roccaforte cosciente, che scotomizza il rovescio dell’alterità. Il meccanismo di difesa di mantenimento dello status quo di una mendace certezza apparente è la rimozione dell’ironia dialettica della differenza, a dispetto di un’integrazione. La differenza incute l’horror vacui della morte, che l’uomo ingannevolmente esorcizza, con l’allontanamento e l’oblio dell’inconscio, che tuttavia ritorna sempre. L’abitudine è cieca alla differenza, non vede in essa il valore della metamorfosi creativa e del senso stesso dell’identità. La scelta contemporanea del non agire, del sapere idealizzante e pregiudiziale e del non conoscere, incorre inesorabilmente nell’essere agiti: nel ritrovarsi il complemento oggetto dell’ira inconscia.

 

L’uomo odierno, che dimentica la saggezza del mito di Perseo, incontra lo sguardo diretto della Gorgone e ne resta pietrificato. Come Perseo aveva vinto Medusa nella visione indiretta, che guarda sullo scudo il riflesso dell’emozione ineffabile e trionfa sul potere pietrificante della follia, così l’artista può vincere le pulsioni distruttive nella riflessione graduale e reintegrativa al luogo franco, transizionale e proiettivo dell’opera artistica, che mette in forma, sublima l’istintuale, elabora una nuova visione di sé e di mondo. L’arte è raggio riflesso di verità, lo scudo che salva dalla morte, l’invito al tramonto delle certezze e alla potenza dell’ironia, che simula e dissimula, con andamento dialettico e dilemmatico, che spezza le coscienze illusorie, per rinascere, dal nucleo notturno dell’universalità.

 

L’artista celebra il percorso rituale d’iniziazione all’identità autentica: la sfida della discesa al mondo ctonio dell’inconscio, per la riemersione a coscienza. Egli potrà sconfiggere l’Anguicrinita, la pietrificazione possibile dell’uomo nel terrore del caos, solo con la gestazione dell’immagine riflessa, inscritta nel divenire dell’essere sul piano transizionale dell’arte: il grembo salvifico che dona il senso della vita.

 

Alla rêverie del sogno, alla poesia onirica è la risposta armonica e universale della domanda di gioia di vita. Quando la coscienza trova connubio all’inconscio nell’arte, nella musica, nella sinestesia della continuità dell’uomo alla natura, allora il vissuto pulsionale, che nasce dall’ombra, dalla nigredo, dal dolore e dallo smembramento del caos dell’inconscio, si redime e s’irradia alla rigenerazione vitale: è il cammino individuativo di reintegrazione degli opposti, che percorre la dinamica del desiderio e l’elevazione spirituale, fino ai rinascenti rami arborei e archetipici del palco cervino, quale albero della vita, teso alla ierogamia di terra e di cielo.

 

Dalla rappresentazione di un’Afrodite, di un significante che declina e differisce il significato, il Nicoletti approssima rapidamente alla volontà di verità: è la discesa iniziatica al chasma della terra, al grembo ctonio di un’Eva-Ecate oscura, a superare la mendacia del dualismo, oltre il velo di Maya, dritto nella letterale depressione geologica della gola, che profonda il desiderio di vita e consegna al destino di morte dell’abitudine cosciente. Questo viaggio odisseico rituale passa per il luogo irriflesso del dolore e per la trasformazione in filosofia, poiché senza il sacrificio non c’è la trasfigurazione della rinascita della coscienza. Il coraggio dell’artista si sospinge in questo descensus ad inferos, volto ad una paradigmatica rinascita della prospettiva di sé e di mondo: cade la maschera delle cose per la verità del volto e un nuovo senso, che sia proprio.

 

Solo il ritorno consustanziale all’elemento naturale spoglia della futile apparenza mendace dell’avere e restituisce il valore dell’essere, rifondendo alla continuità perduta di sé al luogo d’origine. Si addensano nella solidità di un unico corpo gravante della vacuità di un ingombro, in brusio brulicante, le vane molteplicità: è la nigredo della materia che induce il risveglio al luogo dell’essere. L’artista rappresenta il processo di spiritualizzazione della materia, che lungo il labirinto terreno, athanor alchemico, distilla i segreti della proporzione umana alla naturale e alla divina. La singolarità, dapprima estranea e smarrita, si riversa nell’universalità, in un movimento di bellezza ascensionale di una coscienza aurorale: è il lucore sapienziale di rinascita della molteplicità apparente all’unità essente. Lo sguardo dedalico del Nicoletti esorcizza il luogo di morte materiale ed eleva alla visione immanente e superna, al volo obrizo del sole, per una nuova meravigliante verità universale, al primo palingenetico lucere splendente.

 

In “Essere e tempo” il Nicoletti supera la distinzione specifica dei quattro elementi della materia e, oltrepassando la contingenza del tempo lineare, vince la caducità dell’istante. La natura è luogo di nascita, di morte e di rinnovamento, nella levante appartenenza consustanziale al respiro universale dell’anima del mondo. È un trasporto che eccede l’ente all’essere, la via d’uscita dalla definizione del nome, per attingere alla matrice vitale dell’anonimia immemoriale e plurale dell’ontofilogenesi. La verità umana è in errore, a consegnare all’inevitabile destino di un montaliano male di vivere, che vessa la vita nel dolore de “l'incartocciarsi della foglia riarsa”. Tuttavia, il mundus imaginalis dell’artista verge il carattere effimero del presente in immagini di bellezza e di meraviglia eternante, a rinascere dal grembo gravido della natura che raccorda il dualismo, di tempo e di eternità, di thanatos ed eros, in movimento risorgente. La mancanza ad essere dell’uomo ritorna pienezza originaria, nella potenza configurante della sinestesia dei sensi che redime dalla morte lacerante. Il dolore si affida all’ambiente naturale, nel panico abbraccio grembale che gesta il senso e il valore della vita, per risposta alla domanda d’amore.

 

Presidente Fondatrice

Prof.ssa Fulvia Minetti

bottom of page