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Riccardo Capparella

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Il salto” di Riccardo Capparella

 

I profondi inchiostri del Capparella, se ingoiano e impregnano l’essere disperso, insieme ne assurgono una dimensione lineare. Il viaggio dell’artista è il descensus ad inferos in autoascolto avviluppato e viso a viso con il magma del vissuto inconscio, dinanzi al quale l’eroe, con coraggio, rischia la pietrificazione

del complesso di Medusa, nella follia. Ma è proprio dall’ineffabile emotivo che nasce il filo del dire, la parola che ci staglia in relazione al mondo delle cose. In metamorfosi il frammento del tempo, il non senso a squame di rettile del “tu devi” nietzscheano, si reintegra nell’identità fanciulla, nascente, che trova la sua volontà e continuità temporale nella creazione di un mondo, che sia vero, perché suo.

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